Sullo stupro di Palermo è già stato detto tutto. Ma forse possiamo aggiungere qualcosa.

  1. Come ci salviamo?
  2. Che c’entra la scuola?

1. Chiamando  le cose con il proprio nome.

“Sottovalutare i nomi delle cose è l’errore peggiore di questo nostro tempo, che vive molte tragedie, ma soprattutto vive quella semantica, che è una tragedia etica (…) sbagliare nome vuol dire sbagliare approccio morale e non capire più la differenza tra il bene che si vorrebbe e il male che si finisce a fare (…) Viviamo in un mondo che da secoli con le donne (non solo con loro, ma soprattutto) continua a ripetere questo errore, che ha le conseguenze con le quali facciamo i conti tutti i giorni. (…) la politica del linguaggio in questo scenario non sembra la cosa più importante da perseguire, ma è invece quella da cui prendono le mosse tutte le altre, perchè il modo in cui nominiamo la realtà è anche quello in cui finiamo per abitarla”.

Partendo dalle parole puntuali di Michela Murgia, pensiamo che la necessità in primo luogo sia quella di dare il proprio nome  a ciò che accade, riconoscendolo per ciò che è.
Non “cani” né “bestie”, ma ragazzi, giovani uomini. Non “malati” o “pazzi”, ma figli sani di una società ancora fortemente patriarcale e machista.
È la società che abitiamo, tutti: la riconosciamo?
Gli uomini non devono essere depotenziati ad animali (i ragazzi che hanno commesso lo stupro si consideravano tali): in quanto uomini hanno agito intenzionalmente, inserendosi in una storia millenaria di violenza.
Dal ratto delle Sabine alla storia di Artemisia Gentileschi, la Storia è piena di abusi e stupri: azioni di predominio e potere dell’uomo sulla donna.
Dare un nome alle cose significa anche individuare come violenza infiniti comportamenti che, spesso, vengono sminuiti perché normalizzati: cat calling, stalking, diffusione di materiali non consensuali, storie di controllo e di sottomissione, manie di possesso, domande come “Ma come eri vestita?”, stereotipi e aspettative di genere sia per l’uomo che per la donna, considerazione della donna come oggetto, uso di linguaggio scurrile per riferirsi alla donna, caratterizzazione della persona relativamente al proprio corpo, identità del maschio alfa e della virilità (ovviamente considerando solo l’eterosessuale bianco), e così via. Si potrebbe continuare con l’elenco ancora per parecchio: fa tutto parte del medesimo disegno.

Lo stupro, la violenza sessuale, l’omicidio costituiscono solo il tragico e palese schiaffo alla parità di genere (dopo il quale siamo ancora capaci di girarci dall’altra parte).
Ma tutto quello che viene prima non ci scuote? Eppure è quello che subdolamente sorregge, perpetra, alimenta e può produrre l’epilogo più violento. L’atto più estremo è reso possibile perché si poggia su una struttura intrinsecamente patriarcale e machista, fatta di tanti piccoli tasselli che ci sfuggono, che rendono possibile quel preciso tipo di sguardo sulla donna, quella precisa concezione di virilità. 
Chi ci salva?
L’educarci. E da qui il punto 2.

2. La scuola è il punto di partenza.

Perchè?
Il fine della scuola non è il bel voto, non è il futuro lavoro: è educare! Educare per riconoscere quello che ci circonda, con le sue storture, e come esse ci influenzano. Solo a quel punto potremo scegliere di cambiare quello sguardo sessista che sfortunatamente ereditiamo e scrollarcelo di dosso. La scuola può essere un luogo di emancipazione e di resistenza che aiuta a indirizzare la propria esistenza e di conseguenza a cambiare, giorno per giorno, la società in cui abitiamo.
La scuola è chiamata a questo, non con la fiera delle banalità tipo: “le donne non si toccano neanche con un fiore” e “attente a non andare in giro la notte da sole” ma andando in profondità, fin da piccoli, bambini e bambine. Senza paura di parlare di stereotipi di genere, di parlare di un modello paritario del rapporto tra sessi, di parlare di coppie diverse da quelle eterosessuali, di parlare di violenza in tutte le sue forme, di imparare a dare un nome alle cose e denunciarle, di decostruire i concetti di maschilismo e virilità di cui la società è imbevuta. 
Serve un percorso serio, strutturato e obbligatorio (e non opzionale come è oggi!) fin dalla scuola elementare.
Serve un percorso che non abbia paura dei tabù, che vada oltre allo stile bigotto/banale che accomuna molti dei percorsi già attivi nelle scuole. 
Basta girare la testa dall’altra parte, basta restare in superficie accontentandosi della lezioncina. 
Sradicare questi meccanismi che creano ruoli di potere liberticidi è un atto rivoluzionario vero e necessario ed è una pratica collettiva che parte proprio da qui: dalla scuola.
Al momento tutto ciò non sembra essere urgente per il ministero dell’istruzione: al massimo ci si riempie la bocca di frasi fatte e discorsi vuoti o poco incisivi. Ai vertici vengono fatti gli sproloqui più disparati, c’è indignazione, si colpevolizzano “i giovani d’oggi”, si parla di abolire i porno ai ragazzi e di castrazione chimica (!) ecc,  ma la realtà dei fatti è un’altra: l’educazione è il punto di partenza e a scuola tutto ricade sulla buona volontà di qualche professore o dirigente che decide spontaneamente di sbattersi per provare a costruire, insieme ai propri alunni, una società più bella e giusta per tuttƏ.

Qui sotto i link per materiale utile e formativo sul tema! (film, libri, podcast, serie, saggi, articoli).

Video

Podcast

Disponibili su Spotify:
Non se ne parla – Carlotta Vagnoli
A day in a female life – Angelica Pirro
Morgana – Michela Murgia

Da leggere

Da leggere online

Film/serie tv

  • I may destroy you (2020, HBO)
    Argomento: cosa vuol dire vivere una violenza
  • Grand Army (2020, Netflix)
    Argomento: non esiste la vittima perfetta
  • The last duel (2021, Ridley Scott, 20th Century Studios)
    Argomento: vittimizzazione secondaria (durante i processi non si crede alle vittime)
  • Una donna promettente (2020, Emerald Fennel, Lucky Chap Entertainment)
  • Skam Italia, stagione 3 episodi 8-9 (2019, Netflix) Argomento: diffusione di materiale pornografico non consensuale (adolescenti)

Canzoni

Una replica a “Sullo stupro di gruppo di Palermo (è già stato detto tutto)”

  1. […] spiega il collettivo di insegnanti Assenze ingiustificate, infatti, “serve un percorso serio, strutturato e obbligatorio (e non opzionale come è oggi) […]

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