Al centro della protesta di martedì 16, a cui hanno partecipato 200 persone, c’è una circolare ministeriale che caldeggia gite alla base militare NATO di Ghedi con il poetico e tetro titolo “mettiamo le ali ai nostri sogni”.
Di quali sogni e orizzonti di gloria stiamo parlando? Da cosa dovrebbero trarre ispirazione per il loro futuro ragazzi e ragazze?
Tali iniziative non risultano certo isolate in Italia, prendiamo per esempio l’open day all’areoporto militare di Latina, o la visita di oltre 150 studentə, alla sede “Leonardo” casa produttrice di aerei militari a Vergiate (VA).
Leonardo Spa ricordiamo essere presente anche a Brescia ed è nota la sua partnership con Israele e quindi la sua partecipazione al genocidio attuale in corso.
Ci troviamo in totale accordo con la lettera diffusa dalla professoressa Patrizia Londero “il fascino indiscreto della guerra” che è stata firmata in pochi giorni da centinaia di persone.

Ci chiediamo: oltre ai volteggi delle frecce tricolore (per altro MOLTO inquinanti e dannose per l’ambiente) glielo diciamo agli e alle alunnə che si tratta di luoghi dove notoriamente sono presenti armi a testata nucleare che gli F35 sono abilitati a trasportare e utilizzare?
Più volte anche in passato si sono alzati aerei carichi di morte (Iraq 1991, Serbia 1999).

Ai ragazzi e alle ragazze vogliamo veramente dire che mettersi al servizio del paese vuol dire armarsi?
Nell’agenda 2030, sulla quale si lavora a scuola per ed.civica si parla di “educare alla pace” (tra l’altro si tratta di programmi ministeriali). Come se non fosse già abbastanza l’articolo 11 della nostra costituzione in cui si parla esplicitamente di ripudio della guerra, quindi di ogni forma di sopraffazione e di violenza che è collegata direttamente all’uso delle armi.
La scuola della democrazia NON potrebbe per sua natura appoggiare iniziative di questo tipo e noi insegnanti, che ci impegniamo a costruire percorsi educativi dove il centro è la convivenza democratica basata sul confronto e dialogo, ci sentiamo indignati e diciamo NO.
Citando la collega Patrizia Londero: “Curare le ferite, aiutare e ricostruire. A scuola ci sarebbe bisogno di circolari che parlano di questo”.

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